È tempo di rilassarsi e godersi la pensione… ma nemmeno per sogno!


Verrà il giorno in cui potremo dire “È tempo di rilassarsi e godersi la pensione”… purtroppo no, nemmeno per sogno! E se non siete convinti andiamo ad analizzare insieme un po’ di dati. 


In Italia sono circa 16 milioni le persone che percepiscono una pensione per una spesa complessiva che ammonta a poco più di 320 miliardi di euro, di cui 315 in capo all’INPS. Il problema non sta in questa fotografia dell'esistente bensì nella sostenibilità del sistema sul medio lungo periodo e nei trend che si stanno manifestando.

Non è certamente questo il luogo per approfondire nel dettaglio un dei nodi più complessi della storia politica e sociale del nostro Paese ma ci permettiamo di fornire qualche spunto di riflessione.


Partiamo dal quadro attuale che non è confortante. Il saldo del sistema pensionistico italiano, infatti, risulta in negativo per 22,6 miliardi di euro e la spesa per sostenere il sistema di welfare è aumentata del 126% tra il 2012 e il 2022 (fonte Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali). Alle pensioni vanno infatti aggiunte altre prestazioni, come quelle di invalidità, che nel solo 2022 hanno avuto un’incidenza sul PIL che sfiora il 13% (oltre 247 miliardi di euro). 

Traducendo: il sistema pensionistico e di sostegno è tanto generoso quanto insostenibile. E lo è a maggior ragione se alziamo lo sguardo dal presente e lo proiettiamo ai prossimi trent’anni. 

Non è un’ipotesi ma una certezza confermata da analisti, ricercatori e statistici. Il problema demografico è, infatti, evidente: il rapporto tra individui in età lavorativa (15-64 anni) e non (0-14 e 65 anni e più) passerà da circa tre a due nel 2021 a circa uno a uno nel 2050. 

Insomma, nubi nerissime all’orizzonte. L’attuale sistema previdenziale garantisce ad un ex dipendente con 38 anni di contributi continuativi uscito dal lavoro nel 2010 una pensione pari circa all’85% dell’ultimo stipendio. Diversamente, un giovane che ha iniziato il suo percorso nel 2012 e verserà continuativamente i contributi come dipendente fino al 2050 otterrà un assegno che non arriva al 70% dell’ultima retribuzione. 

Un esempio quest’ultimo costruito sul “mito del posto sicuro” che è ormai tramontato: già oggi possiamo affermare 5,7 milioni di persone non porteranno a termine un percorso lavorativo continuativo (dati Censis). Parliamo di Neet, lavoro povero, discontinuità contributiva, contratti a termine e così via. Condizioni lavorative che generano un pluralismo previdenziale (già nel 2022 il 18% dei pensionati è interessato dal fenomeno), ossia la pratica di versare contributi a diverse casse previdenziali ma comporta il concreto rischio di una perdita parziale o totale della pensione. 

Come se non bastasse ci si mette anche l’inflazione. Inutile ricordare che il valore del denaro è cambiato, ha “perso peso”, dai favolosi anni sessanta ad oggi ma la dieta in futuro rischia di essere ancora più dolorosa per i lavoratori.  Basta ricordare che solo tra il 2018 e il 2022 le famiglie dei pensionati sono state le più colpite dall’impennata dell’inflazione con una perdita del reddito reale che varia, sulla base all’entità dell’assegno pensionistico, dal 7,5% al 10,5%.


Ci siamo depressi abbastanza… Il problema esiste e allora occorre trovare delle soluzioni efficaci e sostenibili. Due sono le strade: proteggere e valorizzare i risparmi oltre a dotarsi di una previdenza integrativa. Due strade in cui i nostri Professionisti del capitale umano possono accompagnarvi nella scelta di prodotti su misura che con piccoli investimenti mettono al sicuro il vostro futuro e quello dei vostri cari.