Lavoro povero e mobilità professionale: come prepararsi alla pensione

In Italia i lavoratori under 35 guadagnano in media il 40% in meno degli ultra 55enni. E’ uno dei tanti dati emersi nello studio “Paesi per vecchi, analisi del divario salariale per età” (puoi scaricarlo qui).
 La ricerca tratteggia uno scenario chiaro: stipendi più bassi, inferiore potere d’acquisto, ma anche fabbriche ed uffici “invecchiati” con una media di quasi 43 anni per addetto.
 Come se non bastasse un lavoratore su quattro è inquadrato con una tipologia di contratto determinato, part-time o di collaborazione, percentuale che si impenna fino al 40% se si considerano gli under 35.

 La principale conseguenza è perciò una crescente mobilità. I lavoratori più giovani, senza particolari distinzioni di qualifica o specializzazione, cercano, infatti, di spostarsi con frequenza alla ricerca di maggiori gratificazioni economiche e professionali. Una dinamica che genera carriere sempre più segmentate.

 Proprio quest’ultimo aspetto può generare non pochi problemi anche in chiave previdenziale. Oggi chi va in pensione riceve circa il 60% dell’ultimo stipendio, con il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo potrebbe scendere fino al 45% perché si sommerebbero tutti gli anni di lavoro, anche quelli in cui lo stipendio era più basso.

 Altro problema non di poco conto quello della gestione del TFR. Una maggiore mobilità, infatti, richiede maggiore attenzioni e tutele per non perdere un diritto.

 Come affrontare la situazione?

 Meglio pensare al futuro con una pensione integrativa. Uno strumento che ti permette di “rafforzare” la futura pensione garantendoti la possibilità di modulare il numero o l’importo dei versamenti, o quella di attingere prima della scadenza a parte del capitale maturato, e, ancora, dei risparmi fiscali (deduzione dal reddito ai fini Irpef fino a 5.164,57 €).

 Il Trattamento di Fine Rapporto può rappresentare un’opportunità, la prima “pietra” su cui costruire un piano pensionistico: basta trasferirlo alla previdenza integrativa assicurandosi, peraltro, un risparmio fiscale minimo dell’8%.

 Una strategia valida solo per gli under 40?

Assolutamente no. E lo confermano proprio i dati della già citata ricerca. L’età media pensionabile in Italia è tra le più alte d’Europa, l’apporto dei nuovi lavoratori alle casse dell’Inps è in costante decrescita, i contratti precari accompagnano i lavoratori per una parte sempre più consistente delle loro vita professionale. Per non parlare dei lavoratori autonomi per cui si prospetta un futuro con pensioni più basse del 30% rispetto a quelle di un dipendente con la stessa anzianità contributiva…

Insomma, non è una questione solo generazionale, ma di maturità e responsabilità per assicurarsi un futuro sereno e la possibilità di far fronte ad ogni imprevisto.